In fuga dai tedeschi. I profughi di Caporetto

Nelle foto, una famiglia contadina abbandona il proprio casolare dinanzi all’avanzata degli austro-tedeschi.
Abbiamo cercato di rappresentare alcuni elementi caratteristici delle proprietà rurali dell’area veneto-friulana. La casa è costruita con tecnica mista, in legno e in muratura. In prossimità dell’abitazione sono presenti un vigneto e i campi coltivati.
La famiglia, a causa della guerra, è ridotta alle donne, ai bambini e agli anziani: gli uomini si trovano al fronte. Sul modesto barroccio vengono riunite alcune masserizie (arredamenti e utensili modesti) e i pochi oggetti di valore. In una delle foto si può notare una donna anziana che ha preferito rimanere per non affrontare la difficile fuga.

All’indomani di Caporetto, il Friuli e una vasta porzione del Veneto vennero invasi dalle forze austro-tedesche. Davanti alla repentina avanzata degli eserciti di Germania e Austria-Ungheria, migliaia di civili dovettero scegliere tra fuggire o restare. Una decisione difficile, complicata dal fatto che i nuclei familiari erano ormai composti per lo più da donne, anziani e bambini, visto che gli uomini erano in gran parte al fronte. Rimanere avrebbe significato subire l’invasione tedesca, con le conseguenti violenze e saccheggi; poi l’occupazione militare da parte di eserciti allo stremo, che trasformarono le “Terre invase” – così rinominate dalla stampa del tempo – nel proprio granaio. Dall’altra, partire significava una fuga frettolosa verso destinazioni ignote, con poche masserizie e qualche animale al seguito, senza la certezza di arrivare. Molti anziani preferirono restare. Le famiglie più umili delle campagne in genere rimasero per non abbandonare i propri averi. Furono soprattutto le popolazioni urbane e i ceti abbienti delle aree rurali a fuggire.

La fuga fu resa ardua dalla mancanza di mezzi e dagli ingorghi nelle strade, affollate dai soldati in rotta verso il Piave. Il Comando Supremo diede priorità alla ritirata dell’esercito, impedendo ai profughi il transito sui grandi snodi viari. I civili, inoltre, si ritrovarono spesso in mezzo a scontri tra le retroguardie italiane e le avanguardie austro-tedesche. Non pochi dovettero tornare indietro, altri non ce la fecero. Circa 600.000 profughi raggiunsero la sponda sinistra del Piave, iniziando una diaspora tra le varie città italiane, dove spesso furono malaccolti e lasciati senza assistenza. Fecero ritorno alle proprie case, sovente saccheggiate e talora distrutte, solo dopo la fine del conflitto (1918).

La vicenda degli esuli veneto-friulani, come altri fenomeni di “profuganza” avvenuti in Europa durante la Grande guerra, costituisce un aspetto poco approfondito dalla storiografia, ma fondamentale per comprendere l’impatto “totale” del conflitto sulle società in guerra.

PER APPROFONDIRE

Risorse online

Profughi in Europa, video lezione del prof. Francesco Frizzera per il programma “La Grande Guerra più cento”

Libri

Daniele Ceschin, Gli esuli di Caporetto. I profughi in Italia durante la Grande Guerra

Camillo Pavan, In fuga dai Tedeschi: l’invasione del 1917 nel racconto dei testimoni

2 pensieri su “In fuga dai tedeschi. I profughi di Caporetto

  1. Io vivo in quei luoghi ed ho sempre sentito alcuni “vecchi” dire :《si stava meglio sotto l’Austria》.
    Erano probabilmente figli di chi non è scappato ed ha accettato il nuovo “padrone” (cosa tra l’altro accaduta anche ad italiani rimasti in Istria o Dalmazia nel secondo dopoguerra).
    Bella la camera da letto con la vecchietta👍😁

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  2. A quanto ne so è un sentire abbastanza diffuso tra le generazioni più anziane friulane un buon ricordo del periodo asburgico. Credo sia dovuto a due fattori: l’austria-ungheria aveva un sistema legislativo più avanzato, specie sul sociale, rispetto all’Italia del tempo; l’ingresso in Italia di quella parte di Friuli che non era già entrata nel Regno nel 1866 praticamente coincise con l’avvento del fascismo.
    (Stefano)

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