
Nella foto, un casolare rurale, abbandonato dai contadini prima dell’arrivo degli invasori, viene occupato da un piccolo reparto di austro-tedeschi in avanzata. Le truppe occupano momentaneamente la struttura, per ristorarsi e riorganizzarsi: si può osservare che i militari hanno incendiato alcuni mobili per contrastare il freddo. L’ingresso della casa, dove è collocato il focolare e luogo di raccoglimento per la famiglia contadina, è stato adibito a stanza per gli ufficiali. I soldati tedeschi sono identificabili grazie all’uniforme grigia, mentre gli austro-ungarici hanno una divisa color grigio-azzurro.
Si tratta dello stesso casolare rappresentato nel precedente post, relativo all’invasione e alla fuga dei profughi: la ricostruzione con i lego offre l’opportunità di poter mostrare agevolmente le modificazioni intervenute in un medesimo scenario a causa di eventi storici.
Nelle convulse fasi iniziali dell’invasione del Friuli e del Veneto, le truppe austro-tedesche commisero svariate violenze a danno delle popolazioni e delle proprietà private. Le abitazioni furono spesso saccheggiate e i beni di prima necessità depredati. Numerosi furono gli stupri di donne e giovani ragazze. Si verificarono anche fucilazioni sommarie di civili sospettati di essere “franchi tiratori”, impegnati in azioni di guerriglia contro l’invasore. Le unità germaniche e i reparti bosniaci dell’esercito austro-ungarico si distinsero per la ferocia e le brutalità. Ad ogni modo, gli stessi soldati italiani in ritirata si macchiarono di violenze contro i civili veneto-friulani. Simili fenomeni, ma su scala più ampia, si erano verificati anche in occasione dell’invasione del Belgio, della Serbia e della Prussia orientale.
Dopo questa prima fase, l’amministrazione militare austro-ungarica cercò di normalizzare l’occupazione e di stabilire relazioni pacifiche con la popolazione, riscuotendo però limitati successi. Infatti, per arginare la grave crisi alimentare e di approvvigionamenti che affliggeva l’esercito asburgico, lo Stato maggiore austro-ungarico avviò una sistematica spoliazione delle “Terre invase”. I raccolti e le scorte di viveri furono requisiti: non sorprende se il periodo dell’occupazione venne ricordato in quei territori come “l’An de la fan” (l’anno della fame) e un numero imprecisato di civili morì di inedia. Le campane vennero rimosse per fonderle e ricavarvi il metallo. Molti uomini e donne in età da lavoro furono trasferiti forzatamente verso le fabbriche dell’Impero. Inoltre, continuarono a verificarsi – seppur occasionalmente – angherie, stupri e rappresaglie.
Le condizioni delle popolazioni veneto-friulane offrirono alla propaganda italiana un solido ed efficace argomento per demonizzare gli austro-tedeschi. Dopo la ritirata sul Piave, la guerra poteva essere facilmente presentata come una lotta difensiva per salvare il Paese dall’invasore e liberare i compatriotti soggiogati dal nemico. L’occupazione ebbe termine solo nel novembre 1918, dopo la vittoriosa offensiva di Vittorio Veneto. Le terre occupate si presentarono all’esercito italiano in uno stato di profondo deperimento e incuria.
PER APPROFONDIRE
Risorse online
Il Veneto occupato. Le tappe, video lezione per il programma “La Grande Guerra più cento”
Libri
Daniele Ceschin, Dopo Caporetto. L’invasione, l’occupazione, la violenza sui civili
Gustavo Corni, La società veneto-friulana durante l’occupazione militare austro-germanica 1917-1918
Se può interessare vi invio il link del progetto quadriennale che abbiamo sviluppato come Laboratorio di Storia dell’ISIS Strigfher di Udine e che tratta anche di questi temi.
https://www.stringher.it/pagine/laboratorio-di-storia—100-anni-dopo-1
Grazie,
Giancarlo Martina
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