La caduta

I

Nella foto una MOC di Stefano Bartolini, alias Bulow-brick_commander, rappresentante gli ultimi giorni della battaglia di Berlino, con la resa delle ultime truppe tedesche ed i sovietici che portano il vessillo della vittoria verso il Reichstag. Si intravedono anche i civili assassinati sommariamente dai nazisti tramite impiccagione per “cordardia” negli ultime settimane della guerra. Il testo che segue è di Edoardo Lombardi.

Con la fallita controffensiva nelle Ardenne dell’inverno 1944-1945, “colpo di coda” personale di Hitler e ultimo tentativo delle forze armate tedesche di ribaltare le sorti del conflitto, la débacle del Terzo Reich era ormai questione di pochi mesi. Nel gennaio del 1945, l’Armata rossa avrebbe raggiunto l’Oder e nell’aprile dello stesso anno avrebbe stretto i primi contatti con le avanguardie statunitensi sul fiume Elba. Il 16 gennaio 1945, Hitler sceglieva di chiudersi nel suo bunker con il suo entourage e con alcuni dei funzionari dello Stato e del partito nazionalsocialista; non ne sarebbe più uscito, se non per qualche sporadica apparizione. Dopo qualche titubanza, il dittatore tedesco rifiutò di lasciare la capitale. Dopo aver festeggiato il suo ultimo compleanno, il Führer ammise la sconfitta durante la riunione strategica del 22 aprile, dopo che l’ultima controffensiva (ormai divenuta iconica dopo la prestazione di Bruno Ganz nel film «La caduta» del 2005) non aveva avuto luogo. La battaglia per Berlino aveva avuto inizio due giorni prima. I primi colpi dell’artiglieria sovietica verso il centro cittadino vennero esplosi nel primo pomeriggio del 20 aprile per rimarcare il valore simbolico dello scontro finale che stava avendo inizio, per l’appunto, nel giorno del compleanno di Hitler. La drammaticità del momento, tra l’altro, era sentita da tutti: dai comuni cittadini della capitale ai membri più fanatici delle formazioni combattenti tedesche. Basti pensare al caso – molto particolare – delle poche centinaia di uomini della Divisione Waffen-SS «Charlemagne», formata da volontari francesi e francofoni. Per quanto non decisivo, il loro apporto risuonò prepotentemente negli ultimi fraseggi della propaganda nazista che, dall’estate del 1941, si era impegnata a diffondere l’idea di una lotta paneuropea comune contro il bolscevismo.

Oltre alla mera cronologia e ad alcune particolarità storico-militari della battaglia di Berlino che non si possono tralasciare (il massiccio numero di effettivi da ambo le parti, le tattiche impiegate e la particolare violenza del conflitto urbano), ci sono molti altri elementi che meritano di essere qui menzionati. Lo scontro finale nel centro-città, per certi versi, costituì il sunto esemplare dell’esperienza nazista al potere. Messo alle corde, il regime (non solo Hitler, bensì tutto l’apparato statuale) non risparmiò nessuno. A questo proposito, spesso si tende a tralasciare la vera e propria tragedia umana che si consumò in quella circostanza, drammaticità che non venne fuori solo dalle consuete circostanze del conflitto ma che fu avallata e direttamente organizzata dall’alto. Dai primi di marzo 1945, oltre all’emanazione del cosiddetto «Nacht-und-Nebel Befehl» (ordine notte e nebbia) con il quale venne dato il via alla distruzione delle strutture industriali e civili, si dette il via all’arruolamento coatto dei giovani sopra i 14 anni nel «Volkssturm», la milizia popolare. Al contempo, gli ultimi mesi di guerra avevano visto un aumento considerevole della violenza a danno di civili e dissidenti, del trasferimento e della riduzione ai lavori forzati di un sempre maggior numero di prigionieri di guerra, dei campi di concentramento e di sterminio.

La battaglia di Berlino cessò ufficialmente il 2 maggio 1945, mentre per la fine del conflitto in Europa si sarebbe dovuto aspettare qualche altro giorno. L’armistizio venne firmato in due diverse occasioni il 7 e l’8 maggio (già il 9, secondo l’ora di Mosca), con due cerimonie distinte presso i comandi angloamericano e sovietico. Negli anni del dopoguerra la memoria di Stato delle democrazie occidentali e di quelle popolari avrebbe vincolato il termine del conflitto, rispettivamente, a queste ultime due date: perfino la Germania orientale comunista, nel dopoguerra, avrebbe commemorato l’8 maggio come Festa della Liberazione (Befreiungstag). Per concludere, impossibile non ricordare la parata per la vittoria che si svolge regolarmente ogni 9 maggio (День Побе́ды, Den’ Pobedy) nella Piazza Rossa di Mosca.

Per approfondire

Risorse online

Berlin in July 1945 (HD 1080p color footage) – YouTube

Russian Army Parade, Victory Day 2019 Парад Победы – YouTube

Libri

Gustavo Corni, Storia della Germania. Da Bismarck a Merkel

John Keegan, La Seconda guerra mondiale (1939-1945). Una storia militare

Film

Oliver Hirschbiegel, La caduta, gli ultimi giorni di Hitler, 2004

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